Recensione: "LA CITTA' DEGLI INCONTRI PROIBITI" di Carolina De Robertis



Buongiorno sognatori... Oggi voglio parlarvi di un libro molto diverso dal solito. Di un viaggio lungo una vita, un viaggio nel proibito e in ciò che non si sa e che succede dall'altra parte del mondo, Buenos Aires, la terra del tango. 



Siamo tra la fine dell' '800 e il '900, due terre molto lontane fra loro, due terre che non si conoscono e che non si assomigliano, due mondi legati solamente da storie che si congiungono pur restando divise. Dalla Terra dei fuochi fino a Buenos Aires. L'Italia che era e l'America scottante di tradizioni, proibizionismi. Alazzano, un piccolo paese in una valle di fichi, di fantasmi e di boschetti di ulivi. Due famiglie, due cugini uniti in un matrimonio costruito con la promessa di liberarsi a vicenda da un mondo che non gli apparteneva. 

Leda e Dante. Due giovani sognatori. Due protagonisti che diventeranno un'unica persona. 
Ma il vero protagonista di questo romanzo è il violino del re di Napoli. La ragione principale che ha spinto la diciassettenne Leda a cambiare totalmente la propria vita. 
Una scelta importante, la voglia di cambiare, di essere libera come la sua amata cugina Cora non è riuscita ad essere, la stessa che ricorda sempre, che porta con sé nel pensiero e nel cuore, anche quando decide di attraversare il mare fino alla terra fortunata. 

Ma un destino diverso e inaspettato la coglie impreparata in un luogo sconosciuto, gigante per una ragazzina come lei ed estremamente pericoloso. 
Ad accoglierla è Arturo, un amico del suo Dante, che la porterà nel primo dei tanti conventillo in cui alloggerà per molto tempo.

“«E' triste», saltò su Diana, «quello che è successo a tuo marito [...]» Leda aveva la nausea, si sentiva svenire, il cortile le ondeggiava pericolosamente attorno. Francesca tornò, la mano levata per punire di nuovo Diana. «No, non farlo» la pregò Leda. «Va tutto bene.»”

Un percorso complicato quello di Leda, che l'autrice ci fa vivere nel corpo e nell'anima della protagonista, ci fa sentire le sue emozioni, paure, timori, e tutto ciò che l'ha portata a prendere una delle decisioni più importanti della sua vita. Una nuova Leda stava nascendo. 
Imparò ad ascoltare il suono del violino, lo stesso che suo padre prima di partire gli mise sotto il braccio come dono a suo marito. Scoprì il suono del tango, una musica vietata alle donne, se non quelle donne. Solo gli uomini potevano suonare quelle note melodiose e fameliche. Ma lei voleva imparare, lei voleva suonare, la musica era in lei. Doveva fare qualcosa. 

“Suonò il violino in silenzio finché le dita non le pulsarono, poi rimase sdraiata sul letto a fissare il buio, cullandosi lo strumento in petto. Il pensiero pericoloso aveva affondato i denti nella sua mente e non voleva lasciarla andare.”

L'autrice ci sorprende. Va oltre i limiti del già raccontato. Fa luce in un buio di pregiudizi che aleggiavano e aleggiano ancora. Ma lo fa in un modo sensazionale, usa il sentimento, ci fa rendere conto che non c'è niente di più normale di voler essere noi stessi, ciò che ci sentiamo dentro senza pensare alle conseguenze o a cosa possono pensare gli altri. Ci fa capire che non si può sopravvivere se almeno una volta non si inizia anche a vivere.
“Questa seconda volta indossò i vestiti lentamente, abbottonandoli con le dita ancora doloranti per un'intera giornata di cucito. […] Rimase lì in piedi ancora per molto tempo. Qualcosa si spezzò dentro di lei. Sentiva che più i vestiti restavano sul suo corpo, più irreparabile sarebbe stato il cambiamento. Eppure non fece nessun movimento per toglierseli. Invece le sue mani cercarono la custodia e ne estrassero il violino. Suonò.”

La nuova vita di Leda la porterà ovunque, segue la musica in ogni dove senza mai pentirsene. Rompe barriere. Ci fa soffrire, ci fa amare, ci porta con sé negli angoli più proibiti della città. Cresciamo insieme a lei, impariamo a vivere, ad affrontare ostacoli troppo alti, ad accettare realtà solo per quel tango da far girare la testa anche al più convinto astemio. 

“C'erano splendenti sale da ballo in cui le mance per i musicisti riempivano lentamente una grande ciotola di cristallo; caffè in cui la luce delle candele nascondeva le macchie sulle tovaglie e sui vestiti delle puttane; bar in cui vecchi fori di pallottola crivellavano una rete di crepe sui muri, opera, forse, di un'Aracne violenta e furiosa. Suonavano per tutta la notte, suonavano per spingere il sole sopra i tetti delle case.”

Arrendersi non poteva essere nel suo vocabolario, non le era permesso. 
Il romanzo si articola in tre parti, tre fasi importanti della vita di Leda. Impariamo a volerle bene, a capirla, a metterci nei suoi panni, senza giudicarla. Parteggiamo per lei fin dal primo momento. 
Quella di Carolina De Robertis è una scrittura autentica, sottile, a volte pungente, diretta e allo stesso tempo melodica, ha la potenza del tango con tutte le sue sfaccettature. Un romanzo in grado di rapirci e portarci fino a Buenos Aires, come un magnete non si può fare a meno di voltare pagina ogni volta. Cattura e ti lascia con il fiato sospeso. 

“La gente non vede ciò che non può immaginare, e lei era inimmaginabile perfino a sé stessa, una sorta di piccolo strappo nel tessuto della realtà. Perché le donne non avevano mai fatto niente di simile. O invece sì?”






2 commenti

  1. E' in wl, spero di riuscire a leggerlo prima o poi.. sono circa un milione i libri che devo recuperare ancora purtroppo!

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  2. Eh ti credo!! Però devi leggerlo, è molto bello. :)

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